Luce e fondamenti Luce e fondamenti

Tappa n.5, i fondamenti della luce

Santa Fede Liberata: dalla metafora al riscatto sociale. Fino al 15 novembre allestimento di Tosatti all’ex reclusorio (dal martedì alla domenica 12-18).

Era una domenica, forse febbraio forse marzo, quando Gian Maria Tosatti, buttando un occhio dall’ingresso del chiostro, si accorge che quel luogo, visitabile fino a poco prima in maniera clandestina, ora era aperto: in cerchio sotto il portico antistante al chiostro, i liberanti e tutti quelli che ci vogliono essere, discutono e propongono modi e iniziative per restituirlo alla città.

Varca la soglia e i suoi occhi non fanno a tempo a brillare di meraviglia perché è come se fossero stati folgorati da una rivelazione. Quella del possibile.

Così dal racconto di uno di noi viene a sapere come, nella notte fra il 12 e il 13 dicembre, c’è stata l’apertura “ufficiale” (occupazione/liberazione) dell’ex reclusorio femminile di Santa Maria della Fede, dopo vari sopralluoghi e un primo assemblaggio dei materiali di discarica, giusto per consentirne il passaggio.

Ma questo Gian Maria lo sapeva; sapeva com’era stato nel tempo saccheggiato, come poi il terremoto e le sue ricostruzioni (?) avevano terminato il quadro fino a farlo scivolare nell’oblio, facendo addirittura dimenticare ai cittadini che quel bene, apparteneva a loro.

Venti anni… Abbiamo idea di quanto materiale di risulta si può accumulare, se uno spazio chiuso è percepito come chiuso per sempre? Cosa può accadere lì dentro?

I fondamenti della luce

Mi preme ora tornare alla rivelazione presente nello sguardo di Gian Maria, che da quel luogo era rimasto colpito – la memoria vibra attraverso l’immaginazione e si costruisce con il possibile racconto di chi ci era vissuto, o anche morto -. Ci confida che nel suo lavoro complessivo “Le sette stagioni dello spirito” ci aveva pensato, eccome se c’aveva pensato! E quel luogo ora stava tornando a vivere, grazie all’impegno che non vede domeniche libere se c’è da liberare il chiostro e così via, per tutto quanto necessita fare, affinché possa essere finalmente non più uno spazio negato.

Gian Maria ci illustra il progetto, che s’ispira alla suddivisione dell’animo umano in sette stanze, secondo lo scritto della seconda metà del ‘500 di Santa Teresa d’Avila, “Castello Interiore”.

Dopo 1_La peste, realizzata nella chiesa dei SS. Cosma e Damiano ai Banchi Nuovi; 2_Estate, nell’ex Anagrafe Comunale in Piazza Dante; 3_Lucifero, realizzata negli ex Magazzini Generali del Porto di Napoli e 4_ Ritorno a casa, presso l’ex Ospedale militare di Napoli, con 5_ I Fondamenti della luce, l’artista si confronta adesso con gli spazi dell’ex convento di Santa Maria della Fede.

Luce e fondamenti
I fondamenti della luce (CantoLibre.it)

La quinta tappa è “I fondamenti della luce”, che fa riferimento all’insopprimibile splendore che risiede in ogni animo umano divenendo motore esistenziale, anche nei momenti più bui: si ispira ad una lettera d’amore scritta nel 1917 da una ventenne, Paolina T, accusata d’immoralità costituzionale, addirittura internata in un manicomio, a Teramo; fosse stata una nobildonna, sarebbe finita in un convento (si potrebbe aggiungere. “c’vo a ciorta pur’…”).

Ecco quindi che il reclusorio di Santa Fede diventa quasi una forma di riscatto, rispetto al manicomio.

Nell’interesse di Tosatti di dar rilievo al concetto di salvezza intesa come riscatto sociale e come il riscatto sociale prescinde dall’opera stessa: siamo chiamati tutti ad impegnarci ne va del nostro essere umani e non bovini (questo prescinde da qualsivoglia divisione di classe).

La condizione dell’essere artista chiama ad un impegno maggiore di restituzione: “se c’è ancora qualcosa d’infernale e veramente maledetto in questo tempo, è quello di attardarsi sulle forme, al fine d’essere come dei suppliziati che mentre bruciano lanciano segni dai loro roghi” (A. Artaud, Il teatro e il suo doppio – la passione di Giovanna D’Arco- ). E tutto questo è molto attuale, la condizione bovina ci sta portando verso la catastrofe, lo sviluppo lineare prevede uno sfruttamento ad oltranza, il cui ritorno può essere solo la disperazione, una disperazione che a sua volta non può fare che terra bruciata.

“Le sette stagioni dello spirito”

“Le sette stagioni dello spirito” nella sua interezza risponde all’esigenza di uscire dalla “dinamica bovina”, attraverso la messa in sicurezza di luoghi abbandonati per restituirli ai cittadini.

Tosatti vive con il luogo un’osmosi, sente che entrando in uno spazio sta ricevendo un dono e si pone nella volontà di saperlo restituire: restituire uno spazio, mettendo in sicurezza dei luoghi, talvolta abbandonati, ma anche vissuti come Santa Fede dove ha incontrato una comunità impegnata già in un processo di restituzione.

“Fede la cui struttura diviene metafora di un percorso ascensionale”, la quinta tappa prevedeva un altro tipo di intervento, ma lui ha sentito l’urgenza di rispondere all’esigenza del riscatto sociale e quindi di passare dalla dimensione privata a quella collettiva.

E come sia giusto condividere l’azione dell’Agorà di Santa Fede e come sarà ancora più giusto legittimare l’azione del comitato attraverso la consegna di un bene, donato a suo tempo al Comune dalla famiglia Croce per usi sociali e di cui si erano perse le tracce, come lo stesso Sindaco Luigi de Magistris ha ammesso, quando è venuto una delle prime domeniche, mostrando una volontà di conoscenza della fase dell’abbandono e del processo che si era innescato.

Ne è passato di tempo e delle tappe sono state raggiunte, nella direzione dei Beni Comuni e il lavoro non si sta fermando; intanto esiste una delibera (approvata a marzo 2015) che sancisce il concetto di bene comune svincolandolo dal mercato, ma sarà bene evitare l’intrusione di soggetti terzi, che molto spesso non sono altro che degli intermediari, di cui altrettanto spesso siamo costretti a sapere e a pagare tutto quello che questo comporta.

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