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Marina Abramovic, una performance come la sua mai vista in un festival

Marina Abramovic ha lasciato il segno al Festival di Glastonbury con una performance che ha definito nuovi confini nell’arte contemporanea.

L’artista serba, nota per le sue opere che esplorano i limiti del corpo e della mente, ha proposto qualcosa di radicalmente diverso dalle attese del pubblico: sette minuti di silenzio collettivo.

Invece delle solite note musicali che animano il Pyramid Stage, famoso per aver ospitato icone della musica come David Bowie e Elton John, l’artista ha chiesto ai 200mila spettatori presenti un momento di riflessione silenziosa.

Marina Abramovic e la folla di Glastonbury in silenzio

La sfida lanciata da Abramovic non era delle più semplici: ottenere il silenzio totale da una folla così vasta è un’impresa che pochi avrebbero immaginato possibile. Eppure, quando Emily Eavis ha introdotto l’artista sul palco e suonato il gong a segnare l’inizio dei sette minuti, il pubblico si è unito in un silenzio profondo e partecipativo. Questa pausa dalla frenesia quotidiana non solo ha sorpreso ma anche creato un legame invisibile tra gli spettatori, dimostrando la forza dell’unione nel silenzio. “Ero terrorizzata e onorata”, sono state le parole di Abramovic riguardanti la sua sensazione prima dell’esibizione.

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Marina Abramovic al Festival di Glastonbury – Ansa – Cantolibre.it

Non solo attraverso il gesto del silenzio ma anche con la scelta dell’abbigliamento, Marina Abramovic ha voluto trasmettere un messaggio potente. Vestita con un abito bianco semplice ma significativo: aprendo le braccia creava visivamente un simbolo universale di pace. Questa scelta non è stata casuale ma mirata a rafforzare ulteriormente il messaggio della sua performance: l’appello alla pace mondiale e all’amore incondizionato tra gli esseri umani.

Il concetto alla base dei sette minuti di silenzio va oltre la mera pausa dall’intrattenimento musicale; rappresenta una profonda riflessione sulla condizione umana attuale. In collaborazione con CIRCA (Cultural Institute of Radical Contemporary Arts), questa performance si proponeva come uno spazio per contemplare “un momento davvero buio della storia umana”. Attraversando i confini tradizionali dell’espressione artistica, Marina Abramovic invita ad una meditazione collettiva sulla direzione verso cui sta andando l’umanità e sull’importanza dell’unione spirituale oltre quella fisica.

Questa straordinaria esperienza al Festival di Glastonbury dimostra ancora una volta come l’arte possa essere veicolo potente per messaggi universali ed essere catalizzatrice di cambiamenti profondi nella società contemporanea.

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