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Napoli: Addio Macbeth del centro storico

La città piange uno dei suoi più grandi interpreti, portato via dal Covid 19 lascia un vuoto incolmabile tra gli artisti di strada. Nino Daniele “li aveva scelto di vivere e di morire” le testimonianze di una comunità che ha imparato ad amarlo.

In un pomeriggio di marzo con un clima mite dai contorni oscuri la grande signora dal volto bianco, incappucciata dal largo mantello nero e la lunga falce che usa per estirpare la vita ha fatto la sua apparizione nel centro storico di Napoli per sradicare uno dei monumenti che da anni avevano trovato vita nella Piazza di San Domenico, Si monumento, perché il tratto che va da Piazza del Gesù e fino a Piazzetta Nilo è colmo di artisti di strada e artigiani che sono diventati nel tempo patrimonio artistico e culturale della città.

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Addio al Macbeth di Napoli (CantoLibre.it)

Vittorio Cosentino, prossimo ai 70, era diventato uno di questi, un monumento che i turisti e anche gli abitanti erano soliti fermarsi a guardare fotografare e filmare. Recitava il Macbeth, e ogni volta che lo faceva istallava un cartello sull’inferriata che protegge la statua di San Domenico che s’innalza nel cielo quasi sempre blu, come a guardare e proteggere una delle piazze più amata e frequentate della città. Il cartello recitava “Macbeth ore 18”.

Quel cartello non ci sarà più, come non ci sarà più quella figura che da sola esprimeva una grande teatralità, con una voce che a seconda delle circostanze squarciava il chiacchiericcio di viandanti o il silenzio.

Una vita dedicata alla ricerca teatrale, fondatore del teatro Kismet, che tradotto vuol dire “destino”

Un teatrante da palcoscenici creati in strada tra la gente e con la gente, pugliese, e infatti, nella caserma Rossano a Bari aveva creato un suo laboratorio, seguito e amato da centinaia di giovani che lo amavano.

È morto in solitudine, e non come avrebbe voluto, in una piazza al termine di una sua performance, il male, che in questi giorni sta attraversando il mondo, ha affidato alla grande signora il suo ultimo viaggio.

Ma la sua ultima residenza era diventata Napoli, città che lui amava molto, e in Piazza San Domenico recitava, o in solitudine o a volte accompagnato da occasionali ragazze e ragazzi, anche se poco conoscevano di teatro, infatti, Vittorio era un regista che credeva che ognuno avesse capacità teatrali, una volta provò, in un bar ove insieme prendemmo un caffè, a spiegarmi un suo concetto, “ogni uomo ha in se il teatro, gli esseri umani sono tutti attori, quando mentono, sognano o parlano, io cerco solo di liberarli e dargli il coraggio di essere in scena”.

E il tam tam che da ieri, appena arrivata la notizia, corsa sui social lascia capire quanto Napoli e il suo pubblico l’amasse.

Dediche e ricordi per Vittorio Cosentino

Sono tante le persone che hanno voluto dedicargli parole di memoria, da lasciare indelebile il suo passaggio in questa città, a cominciare da Nino Daniele che lo ricorda così: “Con poche suppellettili costruiva la scena teatrale e con il suo corpo e la sua voce riempiva la nostra storica piazza dei versi della tragedia di Shakespeare con il dramma del potere e i dilemmi dell’essere . Un incontro inconsueto. Da evitare d’istinto. Fuori dalle routine della nostra normalità. Poi la proprietà del declamare e il dominio della scena che esprimeva ti facevano rallentare il passo frettoloso e ti fermavi ad ammirare che la bellezza può sgorgare impensata da dove mai l’aspetteresti. Questo è il teatro. La vita è finzione e in scena va la verità. La’ aveva scelto di vivere e di morire”.

Dolore per il lutto
Dediche per il lutto (CantoLibre.it)

E anche il consigliere municipale Pino de Stasio, sempre attento a temi che sconfinano nel cielo della cultura in un post lo ricorda con parole dense di commozione “Vittorio Cosentino non era un senzatetto, non era un clochard. Era uno straordinario attore e artista di strada. Fondatore di gruppi teatrali, di origine calabrese.

Vittorio amava Napoli, anche se aveva trovato sicura residenza nell’ex caserma Rossani a Bari, accolto da ragazze e ragazzi splendidi. Lo si vedeva in piazza San Domenico Maggiore, a due passi dal mio bar, quanta emozione mi dava nell’ascoltare le sue “declamatorie Shakespiriane. Un malore, un cupo rantolo lo ha portato via, forse per quel male orrendo che ci ha tolto il sorriso in queste settimane. Caro Vittorio volevo parlarti un giorno, ma eri immerso a discutere con giovanissimi studenti, come un grande Maestro e Filosofo Greco”.

Una volta Il Maestro Francesco Iavarone ebbe a dire di lui, passando nella piazza ove recitava, che “il solo fatto che conoscesse a memoria tutto il Macbeth, opera difficile e complicata, condita delle giuste pause e di grandi inflessioni faceva di lui un grande del teatro”

“Il mio è un teatro libero,” amava dire mentre raccoglieva i pochi soldini che gli occasionali spettatori seduti ai bar della Piazza o in piedi mentre passeggiavano, e Ferinando Kaiser, fotografo di strada della città dice di lui, “era un attore ed intellettuale, fondatore del collettivo Kismet, che ha dato i natali al teatro e il laboratorio di prosa della Puglia.

Era solito portare in giro il suo teatro col suo “Teatro Aperto”, mi piaceva molto vederlo e fissarlo nei miei scatti”

Anche il regista Roberto Strati, fondatore e leader del gruppo teatrale gli Argonauti lo ricorda con poche parole ma cariche di affetto: “Una splendida persona che ogni giorno testimoniava il suo amore per il teatro”.

Tra le tante testimonianze anche quella della consigliera comunale Elena Coccia che si pone alcune domande “so che è morto a Bari. Perché? In una caserma perché,,? Mi intenerisce sapere che chiamava pubblico le persone che lo vedevano per caso o per scelta a Piazza San Domenico Maggiore, e che chiamava incasso il suo cappello”.

Queste sono le testimonianze di un centro storico che si è fatto città e che da oggi si sente privata di un pezzo della sua storia.

Che il Nirvana ti protegga Vittorio (D.T)

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