Il Presidente francese Hollande, unitamente alla Cancelliera Signora Merkel hanno quasi all’unisono e quasi fossero d’accordo, formalizzato la seguente dichiarazione: “Bisogna al più presto attuare un piano per affrontare la più grave crisi profughi in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale, a cominciare dalla revisione del diritto di asilo e dalla richiesta a Italia e Grecia di aprire i centri di registrazione per migranti con l’intento di non lasciarli sfilare via una volta sbarcati”.
La Merkel è andata oltre condannando con forza le violenze razziste ai danni di profughi a Heidenau, in Sassonia, (abitazioni private di extracomunitari incendiate e raid teppisti alle fermate degli autobus contro chiunque avesse tratti somatici diversi) ma i veri problemi sembrano arrivare dall’Europa orientale che non vuole sobbarcarsi le “quote obbligatorie di redistribuzione” dei migranti nell’Unione europea – definite “folli” da Orban – e intende adottare – in Polonia, Slovacchia, Paesi baltici, Repubblica Ceka – politiche selettive di accoglienza dando però la precedenza assoluta ai perseguitati cristiani in Medio Oriente.
Quello che in Europa sta avvenendo però ha del paradossale, e stupiscono le previsioni in positivo e negativo, sono in arrivo oltre un milione, purtroppo di questi almeno centomila non c’è la faranno.
Un milione, e se si riflette bene non sono neanche tanti, sono sparsi in giro in tutto il mondo oltre settanta milioni di profughi o rifugiati politici, tutti insieme formerebbero una nazione sconfinata, sono frotte umane che si muovono dal Sud America verso il centro e nord America, dall’Africa del Sud si spostano verso il Nord per poi desiderare di arrivare in Europa, il sogno. Perfino l’Australia comincia a entrare nelle mappe dei rifugiati, immaginate se da domani tutto il popolo italiano si mettesse in marcia senza casa e bandiera. Settanta milioni di uomini e donne che cercano pace, accompagnati da bambini, di questi quasi un milione al di sotto dei sei anni a rischio vita, (dati Unicef) chiedono alla vita e non ai governi rifugio e sì, anche il benessere e i soldi, ma perché quali sono gli interessi che abbiamo al primo posto noi Europei euro o dollaro dipendenti? Il denaro e il benessere, la casa, il pranzo e la cena, ciò che è sufficiente per vivere dignitosamente.
Intanto guardiamo una vera cortina di ferro e muri che si sta costruendo per impedire l’accesso dei rifugiati nel nostro vecchio, all’anagrafe e giovanissimo, politicamente parlando, continente.
In questo momento il Paese meno ospitale si dimostra essere l’Ungheria che sta alzando un muro di ferro e mattoni in perfetto stile Berlino e la Comunità Europea ha mostrato un po’ di dispiacere e dove qualche parola di protesta è volata, ma nulla in confronto a quanto ha dovuto subire la Grecia per tenere i conti a posto; esistono in tal senso una rigidità economica e un diverso trattamento nei riguardi dei diritti civili.
Eppure i più duri contro coloro che cercano pace e lavoro nel continente sembrano esser gli inglesi, infatti, per bocca del Ministro britannico per l’Immigrazione James Brokenshir si annunciano misure detentive: “Chiunque pensa che il Regno Unito usi il guanto di velluto cambierà idea”. E poi minaccia ai richiedenti asilo “Se siete qui illegalmente, adotteremo i passi necessari per impedirvi di lavorare, affittare un appartamento, aprire un conto bancario o anche solo di guidare un’automobile”.
Basti pensare che da ferragosto a oggi son giunte in Serbia circa 25mila rifugiati, che si stanno spostando in Macedonia per andare incontro ai loro “accompagnatori” oltre il muro in Ungheria o meglio trafficanti, e che tra quei 25mila ci sono laureati in medicina, ingegneria oppure in legge. Sono poco dissimili dai rampolli di buona famiglia europea che si spostano per andare a studiare un Master o in qualche università in Usa, Australia, Inghilterra, e che vanno a studiare ma cercano anche lavoro e nella maggior parte dei casi lo ottengono.
Qualcuno dovrà pur spigare al mondo perché i romani che vanno in America sono in cerca di “opportunità” viceversa un laureato siriano invece è un immigrato che viene a “rubare” un posto di lavoro.
L’Europa sta alzando uno steccato composto di un micidiale cocktail preparato da cemento, ferro e indifferenza.
Spesso sentiamo il tribuno di turno aizzare le folle affermando “bisogna farli restare a casa loro, dobbiamo creare lavoro nelle loro terre”, è vero e senz’altro la soluzione più logica e ci vorrebbe pochissimo, basterebbe che gli occidentali dismettessero tutti i loro interessi in Paesi a rischio esodo stringendo con i Governi locali accordi politici, per poi pensare al resto, creando strutture e sovrastrutture, come? Con i soldi. Perché? Per riparare tutti i guasti di un continente che alla radice abbiamo creato noi occidentali, e che stiamo continuando a creare, in fondo le guerre in Iraq e Afghanistan, in Libia e Siria le stiamo facendo noi, le armi che a profusione si vendono, sono occidentali. Come fare tutto ciò? Semplice, chiedendo all’ONU una moratoria sulla vendita delle armi sulla falsariga di come fatto per la Pena di morte.
Un’Europa che a parole si dimostra tollerante e civile, nella realtà le immagini che giungono da Kos, Ventimiglia, dall’Ungheria a Calais, chi arriva trova uomini armati a bloccarli, operatori di ripresa che fanno il loro mestiere di darli in pasto per in telegiornali e farci sentire sempre più piccoli e inermi, non c’è altro da aggiungere se non Welcome in Europee!
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