Molti si chiedono se sia necessario per de Magistris cadere nella polemica e nel tritacarne mediatico rispondendo alle affermazioni di uno scrittore come Roberto Saviano, rispettabilissima icona anticamorra perché ne ha parlato al grande pubblico. E che – dopo l’episodio della Duchesca a Napoli (ambulanti senegalesi sparati da chi comanda in zona ) – pubblicamente non rileva alcun cambiamento nella città e nei napoletani.
Il rischio che de Magistris non considera (o, se lo considera, narcisisticamente lo ignora) è che Saviano è diventato nel tempo un personaggio di spettacolo, in un certo senso da show business, fagocitato dalla necessità di dimostrare de essere ancora vivo , tanto da consentirsi di parlare sul tutto in generale, e di Napoli e camorra in particolare, pur non vivendo il clima e le spinte che la città produce. E avendo credibilità perché è su questa credibilità che chi lo sostiene ha i suoi profitti: case editrici , network , televisioni e giornali e infine lui stesso, che pure si meriterà qualcosa per questo ruolo terribile e infelice del nascosto, del morto che cammina e che rischia seriamente le ritorsioni dei delinquenti che ha messo in luce.
Saviano, nella sua lotta alla camorra, è eroicamente diventato un format, una immagine cinematografica e mitica insieme, un ruolo che ha deciso di assumere, con tutti i rischi che questa scelta comporta, non potendone assumere altri. Format che deve necessariamente mantenere e, per mantenerlo, deve necessariamente evidenziare quello che si vende: il marcio e la delinquenza a Napoli e in Campania .
Il punto è che la critica dall’esterno , l’evidenziare il male e non produrre una reale spinta al cambiamento – al di là di denunce letterarie che diventano best sellers – diventa infine sterile denuncia, buona – per l’appunto – a foraggiare lo show business di editori e network. E forse anche la camorra.
Del resto chi pensa di distruggere una struttura ( a suo modo) solida e funzionante da secoli come la camorra a Napoli e con le armi in dotazione ad un sindaco sarebbe un folle.
La camorra si combatte piano piano, con lentezza, infiltrandosi nel modello culturale che la camorra produce e sradicandolo prima che nasca. E questo richiede un lavoro lento che de Magistris – bisogna ammetterlo – ha da tempo iniziato, quale quello di produrre nuovi modelli etici da sostituire ai modelli culturali del vicolo e della sopraffazione. O anche di offrire nuove possibilità sfruttando le potenzialità inespresse: il risultato dell’afflusso di turisti a Napoli è il frutto certamente (anche) delle crisi internazionali e del rischio terrorismo, come dicono i detrattori del sindaco, ma certamente la scoperta/riscoperta della città produce una progettualità futura che potrebbe essere sfruttata al meglio.
I turisti portano un miglioramento dell’economia e quindi un benessere economico maggiormente esteso che può produrre un cambiamento vero, proprio perché basato sulla sussistenza correttamente ottenuta. Del resto non è solo con l’esercito e con l’arrestare i caporione o boss del momento che si risolve il problema: l’arrestato subito dopo verrà sostituito da un altro, che sarà sostituito da un altro ancora quando anche lui sarà arrestato.
L’offrire possibilità consente di indirizzare altrimenti quelle che possono essere le energie dei potenziali reclutati dai clan: è indicativo il dato che l’aumento dei turisti in città non ha portato il proporzionale aumento degli atti delinquenziali spicci , come scippi e rapine innanzitutto. E gli episodi avvenuti sono stati poca roba , non lontani dai soliti standard di una città metropolitana .
Rimangono le stese ed episodi come quello della Duchesca che fanno emergere una camorra di rione che nessuno aveva mai pensato di aver debellato e per cui si dovrà lavorare ancora molto. E in questo senso il sindaco deve prendere il suo impegno: è con il capillare infiltrarsi e proporre occasioni che si combatte la camorra. Ma anche non negando o sottovalutando le priorità che la città richiede, intervenendo sui servizi e sulla sicurezza. Altrimenti il rischio è quello di apparire come chi nasconde la polvere sotto il tappeto.
A Saviano invece ci farebbe piacere chiedergli di raccontarci anche le cose belle che vedrà quando ritornerà tra noi, ché lo aspettiamo. Evitando polemiche come quella di cadere nella pessima descrizione territorialistica di “vomerese” riferendosi al Sindaco , figlia di un razzismo di ritorno che vede il privilegio di quartiere come lontananza e abbandono delle periferie. Sono queste le polemiche che non piacciono , che personalizzano ulteriormente e che producono lo scontro tra chi dovrebbe essere alleato e invece litiga, rischiando di innescare meccanismi di cui ne approfitterebbero gli sciacalli del momento, sempre in agguato per rimpadronirsi della città.
Per questo ci dispiace : perché Saviano e de Magistris dovrebbero stare tutti e due dalla stessa parte e invece rischiano di diventare due format
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