Di chi è il compleanno ? Di chi è? Di chi è?
Enzo Moscato– Compleanno -1986
Ho sempre avuto diffidenza dei compleanni . Mi portano un po’ di tristezza e mi inducono a riflettere : servono a ricordare quanto tempo è passato e come sei cambiato nel corso degli anni, e soprattutto comportano sempre la necessità di un bilancio. Le candeline sulla torta e i cori augurali non mitigano la fastidiosa presenza di queste due sensazioni , che porto con me anche adesso che tutti stanno ricordando il compleanno della legge 180, la straordinaria rivoluzione che ha influenzato la psichiatria e la salute mentale in genere degli ultimi quaranta anni in Italia . E che può essere sintetizzata in una celere frase di Basaglia – il promotore di un cambiamento epocale – che si dichiarò più interessato al malato che alla malattia.
Torta candeline e auguri , quindi , e festeggiamenti per il traguardo raggiunto riuscendo ad evitare , o cercando di evitare , le trappole che in questi anni un potere medico ma anche politico ha teso in molte occasioni e senza tanti complimenti . E considerando come la legge ha mantenuto una bella cera nonostante gli anni , continuando a rappresentare un modello culturale che , partendo dai “matti”, ha influenzato un pensiero comune e infine un modello sociale, iniziando dagli anni delle grandi lotte operaie e studentesche, dell’avvio della cultura libertaria del ’68, delle grandi riforme sociali che si chiusero proprio con la legge 180, che anticipò di pochi giorni quella sull’aborto e che venne approvata quattro giorni dopo il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro.
I valori che la legge ha proposto mantengono del resto la loro attualità , ma è nel bilancio che si prospetta una inquietudine che manca a chi vede solo l’aspetto ideologico o non prende in considerazione una variazione dei tempi e , per l’appunto , dei valori. Avere chiuso quei contenitori che producevano malattia e che si chiamavano manicomi o ospedali psichiatrici ha certamente ridato una dignità al paziente persa tra i numeri di matricola , le divise da recluso e le giornate passate a ciondolare tra stereotipie e abbandono e sigarette senza fine. Ma quello che è stato offerto in alternativa- tradendo lo spirito della legge – spesso non è stato altro che una riproposizione della logica manicomiale che accompagna sempre o quasi sempre il rapporto tra la sofferenza psichica e la sua cura.
La storia della psichiatria fa intuire il rischio : Pinel che alla fine del settecento liberava i pazzi dalle catene di Bicètre aveva avuto il merito di porre fine alle torture fisiche ai pazienti , ma , come aveva intuito Foucault , aveva dato vita ad una nuova oggettivazione del concetto della loro libertà: il modello manicomiale che aveva istituito proponeva isolamento ed ordine e soprattutto l’instaurazione di una nuova interpretazione della follia. Su questo schema si sono impostate le modifiche , sia culturali che logistiche , dei periodi successivi e fino ad oggi , gradualmente migliorative/peggiorative delle condizioni e del trattamento dei sofferenti psichici ( in genere con una tendenza a periodici imbarbarimenti ) e che hanno tentato di ampliare o modificare uno spazio costretto dal muro di un manicomio o di una istituzione totale o meno , allargando e restringendo alternativamente il confine che esiste tra salute mentale e patologia, tra la follia e il pericolo sociale, tra la norma e il suo contrario.
E ancora , da un punto di vista strutturale , ad individuare nuovi spazi di cura in cui contenere la sofferenza mentale e dove la logica manicomiale prevale su quelle che possono essere le istanze soggettive, realizzando una modalità di cura che garantisce il bisogno e non necessariamente il desiderio, e quindi annullando le istanze personali a scapito di patologici inquadramenti spesso avallati dalle sbrigative diagnosi psichiatriche.
La logica manicomiale del resto è proprio questa , e si basa su un modello che non si è allontanato molto da quello della fine del settecento : in relazione ad una temporanea indignazione/paura si individua un oggetto (l’alienazione mentale, o la diversità pericolosa), un luogo dove trattarlo (il manicomio o un suo derivato reclusorio) ed una metodologia : il trattamento morale . Dove con il termine “morale” non ci si riferisce alla morale o alla moralità/ etica , ma ai moeurs, ai façon de se conduire, ai costumi , alle abitudini, agli usi , all’organizzazione della vita. Si sono costituiti così con continuità costante spazi apparentemente sempre più adeguati e vivibili , riuscendo infine a realizzare ogni volta un “manicomio migliore” di quello precedente , ma senza modificare la struttura del rapporto tra gli elementi che lo vivono, dove lo spazio che contiene è finalizzato nella sua organizzazione a inglobare l’ospite , senza dargli nessuna possibilità di appropriarsi del luogo . E’ questo quello che è accaduto nei secoli scorsi , da Pinel ad oggi . Ed è quello che sembra accadere attualmente e macroscopicamente in Italia dopo l’operazione di chiusura dei vecchi OPG (Ospedali Psichiatrico Giudiziari) col passaggio alle REMS (Residenze Esecuzione Misure di Sicurezza) . Strutture più dichiaratamente sanitarie e meno carcerarie , ma che hanno in comune la necessità della reclusione e del controllo che l’isolamento produce.
E , continuando nel bilancio , anche quello che accade ed è accaduto nelle strutture di accoglienza dei sofferenti in genere ha teso a sviluppare il luogo piuttosto che il trattamento , quest’ultimo visto quasi sempre come una modalità di intrattenimento che serve a fare passare un tempo , quello della sofferenza psichica , nella modalità più tranquillizzante possibile per gli operatori e gli addetti ai lavori. Centri di accoglienza , case famiglia , cliniche psichiatriche e servizi pubblici tendono a riproporre un modello che – tranne in alcune eccezioni – si riferiscono alla malattia e al suo contenimento e non al malato e alle sue esigenze/bisogni . La pratica della coercizione è sempre presente nelle strutture psichiatriche anche se non viene detta , e l’abbandono cui i pazienti e i loro familiari vengono costretti è naturale conseguenza di uno scarso investimento e infine di un disinteresse che fa ridurre i budget regionali per l’assistenza psichiatrica .
Ancora oggi le urgenze psichiatriche vengono gestite al momento , ma non programmando un recupero che possa prevedere anche prevenzione , risolvendo generalmente in un TSO ( Trattamento Sanitario Obbligatorio) di pochi giorni l’emersione del disagio , e quasi mai approfondendo il significato del disagio e la complessa azione che può portare non al “trattamento morale” ma al riconoscimento del soggetto nella sua individualità e al rispetto delle sue potenzialità viste come crescita e cura. E dolorosamente ci si accorge che non sempre è questione di soldi ( nonostante i vari governi – compreso l’ultimo nelle sue bozze programmatiche – riservino l’esiguo finanziamento del 2,4% alla salute mentale) ma anche di modelli culturali poco attenti alle diversità o di formazioni accademiche che investono sui farmaci (certamente necessari) e non sul rapporto con i pazienti.
Naturalmente ci sono le eccezioni e solo in Campania mi vengono in mente gli straordinari ragazzi dello “Sfizzicariello” a Napoli o gli artisti del Gruppo Zoone di Piscinola , o la cooperativa creativa Gulliver a Secondigliano , persone/pazienti/operatori che hanno ripreso il contatto con i propri spazi e con le proprie abilità nonostante gli scarsi interessamenti delle strutture deputate , e che rappresentano i figli di quello che il pensiero basagliano della 180 voleva stimolare e produrre. Piccole isole rispetto l’abbandono o l’impossibilità a seguire di operatori magari anche motivati , ma spesso vittime di un profondo burnout , che offrono – se possibile – spazi di relazione ancora più ristretti : servizi funzionanti a singhiozzo e proposte di contenimento farmacologico a pioggia o in alternativa un abbandono a sé stessi dei sofferenti e dei loro familiari.
Non era questo quello a cui si pensava con la legge 180 , in quanto si è realizzata infine una offerta di cura e reintegrazione per il sofferente mentale che è quella che è : un trattamento morale – o della organizzazione della vita – secondo parametri che riducono le abilità e ri/producono inevitabilmente i mostri.
In questo senso i quaranta anni della legge non mostrano un adulto completo che ha raggiunto la maturità , ma un adolescente incompleto che deve ancora crescere.
Buon compleanno, 180 . E buona fortuna
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