Napoli offre un patrimonio storico-artistico assai vasto, al punto che risulta molto difficile conoscere e, talvolta impossibile, esplorare la totalità dei beni della città. Questa vuole essere una guida sui generis, che conduca i lettori e i viaggiatori attraverso i luoghi, celebri o nascosti, di Napoli, tra arte, storia e mito.
Lungo via dei Tribunali in corrispondenza della piazzetta, su cui si eleva l’antica e maestosa chiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, non sfugge agli occhi, seppure di dimensioni minori rispetto alla chiesa, una cappella in piperno.
La piccola fabbrica fu fatta erigere da Giovanni Gioviano Pontano, politico, poeta, vero e proprio rappresentante dell’Umanesimo partenopeo, i cui ideali si possono vedere nella struttura classica dell’edificio.
La cappella, dedicata all’evangelista Giovanni, fu fatta erigere nel 1492 dal Pontano a guisa di tempietto funerario in onore della moglie, Adriana Sassone, celebratala morta, nell’epitaffio che si può leggere in una delle lapidi con inscrizioni latine che decorano i muri esterni, quanto in vita in appassionate e sensuali elegie:
“Ebbe che fu in aspersi d’ambrosia amplessi giaciuta
sembrò della perduta verginità dolersi,
quando di pianto le care gote soffusa e disciolto il crin, d’ Ercole il volto più non osò guardare ;
tale, Ariadna, i lenti tuoi occhi riaperti al mattino, umido il ciglio e chino le nozze tue lamenti.
Giusta di tal dolore la causa è per te, mia diletta, se lagnasi la schietta voce del tuo pudore.
Ma debitrice sei a “Venere in questo e al marito: piega nel dolce rito ai desideri miei :
legge t’ è il socio letto: (s’accora il vergineo pudore?) usa il permesso amore lo sposo tuo diletto.
Oh certo dolerti non puoi : mutato è il pudore in piacere : dato t’ è più godere, o sposa mia, se vuoi.
Usa della tua sorte, non fare il tuo danno piangendo, tristamente chiudendo del tuo piacer le porte.
Vivere in ozio che giova? raccogli il tuo tenero amore di gioventù nel fiore, fresco nell’alba nuova.
Fiore che presto il frutto darà: e tu cogli il piacere: sul gemino origliere: l’amor godine tutto.”
Pavimento maiolicato, 1492.
Ma la nostra attenzione si sofferma sull’interno, poco noto, ingiustamente.
Dalla soglia dell’ingresso principale, sormontato dagli stemmi dell’umanista e di sua moglie – un ponte a due archi e un Ercole che abbatte il leone – già si nota nel tempietto il contrasto fra la semplicità delle pareti e il bellissimo pavimento in maiolica.
La varietà ornamentale e cromatica del pavimento, con decorazione floreale alternata ad un profilo maschile, a cartigli e agli stemmi della famiglia, appaiono influenzate da modelli islamici e valenzani. Dopo il restauro supervisionato dal professor Giacomo Martorelli, nel 1759, la cappella appare come un antiquarium ospitante frammenti di lapidi greche e latine e iscrizioni funerarie dettate dal Pontano. Tra questi si può leggere, grazie al trasferimento voluto dal Martorelli, anche l’antica iscrizione proveniente della dimora del poeta, un palazzo che fronteggiava il campanile della Pietrasanta, demolito nel 1926.
Di fronte all’ingresso c’è subito l’altare, contenente l’osso del braccio di Livio, reliquia pagana portata, dopo una missione diplomatica a Padova, nel 1452 da Antonio Beccadelli il Panormita, umanista e uomo politico, assieme al Pontano, al servizio di Alfonso d’Aragona re di Napoli.
Dietro l’altare è dipinto un affresco, la Madonna col Bambino e i Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, attribuito a Cicino da Caiazzo, pittore attivo tra l’ultimo decennio del Quattrocento e i primi del Cinquecento.
Un prezioso tempio per i defunti che ispira l’armonia e la bellezza della cultura umanistica meridionale, spesso trascurato, nel tour dei tesori di Napoli
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